Il 20 maggio per il Venezuela non sarà una domenica come le altre. Per la prima volta dal 1998 i partiti della storica opposizione a Hugo Chávez non avranno un proprio candidato alle elezioni presidenziali. Di fronte a questo scoraggiante scenario, gli elettori saranno costretti a scegliere tra l’attuale esecutivo in carica, rappresentato da Nicolás Maduro, e candidati che fino ad oggi non hanno il supporto di nessun partito tradizionale.
Il Venezuela da almeno due anni sta vivendo la peggior crisi economica della sua storia, una recessione che ha ormai compromesso anche l’accesso ai generi alimentari di prima necessità per almeno i due terzi della popolazione. D’altro canto va anche considerata la crisi istituzionale provocata dall’Assemblea Costituente. Istituita all’improvviso dal governo bolivariano nel maggio del 2017, l’Assemblea Costituente ha prima suscitato le resistenze dell’opposizione ma, successivamente, è riuscita a spogliare il parlamento eletto nel 2015 (e composto da una maggioranza d’oppositori politici) dei propri poteri legislativi.
Le elezioni presidenziali in questione erano inizialmente preventivate per fine anno, ma l’Assemblea Nazionale Costituente con l’intenzione di rafforzare la leadership di Maduro e mettere a segno un duro colpo nei confronti degli avversari politici ha deciso di anticiparne la data, stabilendo che sarebbero state indette nella Primavera del 2018.
Mentre l’Assemblea Nazionale (il parlamento venezuelano) e l’Assemblea Costituente erano le protagoniste di uno scontro intestino per la conquista del potere legislativo in Venezuela si sono tenute anche le elezioni regionali. Su 23 distretti l’opposizione (MUD) è riuscita ad ottenerne 5 secondo i risultati ufficiali, risultati che sono stati contestati e mai riconosciuti dalla coalizione stessa. Nonostante le accuse di broglio l’Assemblea Costituente, riuscita nel suo tentativo di monopolizzare il potere legislativo, ha dato un ultimatum ai partiti oppositori, o riconoscevano i risultati o sarebbero stati estromessi dalla vita politica. Solo uno dei partiti della coalizione, i socialisti di Azione Democratica, hanno accettato i ricatti, legittimando de facto l’Assemblea Costituente come nuovo organo legislativo, in modo da poter ritenere 4 delle 5 presidenze regionali conquistate. Le accuse lanciate dal Governo nei confronti dei partiti che non hanno ceduto alle sollecitazioni della AC (Assemblea Costituente) hanno scatenato le dure reazioni della magistratura, che nei mesi successivi ha cominciato a perseguitare e inabilitare i leader politici dell’opposizione: Maria Corina Machado, Henrique Capriles, Leopoldo Lopez et al; impedendo a questi, persino, di presentarsi ad altre pubbliche elezioni. Inoltre, tutti i partiti avversari sono stati banditi dalle istituzioni, ad eccezione di AD.
Sono queste le condizioni che hanno portato la coalizione di partiti oppositori al regime a non presentarsi alle prossime elezioni. Annuncio giunto il 21 febbraio con un comunicato ufficiale ove venivano denunciate le mancate garanzie democratiche. Così la corsa a La Casona si riduce a tre nomi principali:
1) L’attuale presidente Nicolás Maduro Moros che, ormai, intravede il secondo mandato, riuscendo a raccogliere il consenso interno di un partito officialista logorato dalla crisi generale che subisce il Paese.
2)Henri Falcón, sostenitore della prima ora del chavismo, ex governatore ed esponente del PSUV (Partito Socialista Unito del Venezuela, fondato da Hugo Chavez) e oggi fondatore della coalizione di dissidenti officialisti “Avanzada Progresista”
3) Javier Bertucci, l’uomo dai due volti: pastore evangelico, filantropo e imprenditore con migliaia di sostenitori a livello nazionale; imputato per contrabbando di diesel e accusato di avere oscuri intrecci col Governo, con l’aggravante che il suo nome compare all’interno dei Panama Papers.
Il risultato sembra già scritto, secondo sondaggi recenti l’80% dei venezuelani non crede alla veridicità dei risultati elettorali, a dimostrazione della totale assenza di fiducia nelle istituzioni da parte dei cittadini. Resta solo aspettare il fatidico giorno e sperare nell’ennesimo colpo di scena, augurandoci però che questa volta abbia effetti positivi e il veloce declino venezuelano possa essere fermato dopo più di 50 anni di pessime politiche economiche e sociali.
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G.S. Di Frisco
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